Il quesito di F. S.:
Per quanto riguarda l’attuale distinzione professionisti/pubblicisti, il vostro gruppo “Giornalisti per la riforma della professione” ha intenzione di creare un albo unico, magari dando la possibilità ai pubblicisti di poter sostenere l’esame, in modo da poter diventare professionisti?
Come sai questa distinzione crea non pochi problemi. Attualmente l’azienda per cui lavoro non paga i contributi Inpgi a noi pubblicisti che lavoriamo negli uffici stampa (e siamo inquadrati come impiegati) malgrado la legge lo dica chiaramente. Pensa che l’ultima volta che sono andata a parlare di questo, mi è statao risposto che “non sono giornalista”.
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La risposta di Massimo Marciano:
Cara collega,
la tua azienda non sa che se un giorno gli ispettori dell’Inpgi dovessero andare a farvi un controllo, per te ne per tutte le posizioni come la tua le contesterebbero la violazione contributiva, con conseguente attribuzione di sanzioni e interessi sui mancati versamenti, che dovrebbero essere fatti, com’è successo in altre strutture simili, pubbliche e private. La legge, infatti, non fa alcuna differenza a livello retributivo e contributivo tra professionisti e pubblicisti, in quanto entrambe le categorie appartengono, sia pur in elenchi diversi, al medesimo Albo professionale.
La legge finanziaria 2001, inoltre, ha inequivocabilmente stabilito che l’Inpgi raccoglie la contribuzione anche dei giornalisti pubblicisti, e non solo dei professionisti e dei praticanti come succedeva prima. Non solo: indipendentemente dal contratto applicato, se l’attività del giornalista è riconducibile alla sua professione (e il lavoro di ufficio stampa indiscutibilmente, secondo i parametri fissati dalla giurisprudenza, lo è), i contributi vanno versati comunque all’Inpgi.
Per esemplificare, anche se il contratto con il giornalista è di un’altra categoria – commercio, metalmeccanici, pubblico impiego o qualunque altra – i relativi contributi vanno all’Inpgi e non alla Cassa dove vengono versati per gli altri lavoratori non giornalisti della stessa azienda.
Inoltre, dal 2009 è l’azienda che è obbligata al versamento dei contributi alla Gestione separata Inpgi anche nel caso di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (e quindi non più il professionista, com’era negli anni precedenti).
Tutti questi passaggi sono meglio specificati e approfonditi in una serie di circolari che in questi anni l’Inpgi ha indirizzato alle aziende, che sono reperibili ai seguenti link:
http://www.inpgi.it/?q=node/430
http://www.inpgi.it/?q=node/381
http://www.inpgi.it/?q=node/378
http://www.inpgi.it/?q=node/377
http://www.inpgi.it/?q=node/399
Venendo al quesito che tu mi poni in merito all’Albo unico, noi riteniamo che la distinzione tra professionisti e pubblicisti, così come delineata dalla legge 69/1963, sia antiquata e inadeguata a raccogliere la realtà odierna. Per questo proponiamo una riforma della legge professionale che possa prevedere un percorso unico per tutti i nuovi iscritti all’Albo dei giornalisti, di livello universitario, eliminando le attuali differenze fra i due elenchi e dichiarando, quindi, giornalista chi esercita effettivamente la professione.
Proponiamo anche una sanatoria, da inserire nella medesima legge di riforma, che permetta agli attuali pubblicisti che svolgono effettivamente la professione (come attività esclusiva o a tempo parziale) di essere ammessi all’esame di Stato per poter ricevere la qualifica di giornalisti professionisti.