Chi non dimentica la storia dell’Italia sa bene che una delle circostanze che favorirono l’ascesa al potere del partito fascista e l’instaurazione della dittatura fu, all’origine, la sottovalutazione di atteggiamenti, affermazioni e slogan, che furono declassati a pittoresche espressioni di diversità e novità. Com’è andata lo sappiamo, e le nostre città ne portano ancora le ferite, conseguenza della guerra e delle scorribande degli squadristi.
A pochi giorni di distanza dall’anniversario del discorso che il 30 maggio 1924 pronunciò alla Camera dei deputati Giacomo Matteotti, denunciando le violenze dei fascisti durante le elezioni dell’aprile precedente – discorso che gli costò il rapimento e l’assassinio da parte di una squadraccia fascista – sentire in quella stessa aula di Montecitorio risuonare oggi le vergognose parole di una giovane parlamentare della Repubblica italiana, la deputata Laura Castelli, del MoVimento 5 stelle, con cui auspica l’uso dell’olio di ricino, fa rivoltare ogni coscienza democratica.
Le parole della deputata, riportare a pagina 90 del resoconto stenografico della seduta odierna non lasciano spazio, purtroppo, a dubbi interpretativi: «Il maggior quotidiano piemontese, nello stesso giorno in cui annunciava l’arrivo del Ministro dell’interno per decidere l’apertura forzata e forzosa del cantiere della Maddalena, commentava nelle pagine a fianco una grande operazione dei carabinieri del comando di Torino sotto il titolo: “Le mafie minacciano anche le grandi opere”. Lo trovo davvero buffo. Io a questi attori sì che darei l’olio di ricino».
La polemica politica, pur legittima anche quando assume toni aspri, non giustifica né attenua la grave portata di un’affermazione indegna dell’aula che ha visto nascere la Costituzione repubblicana, democratica e antifascista che è il patto fondante della convivenza pacifica nel nostro Paese, risorto dalle macerie morali e materiali del nazifascismo. Sottovalutare il potenziale devastante della cultura giustificazionista, integralista, totalitaria e antidemocratica che è alla base di affermazioni del genere sarebbe complicità, come complice fu il silenzio di chi non volle vedere il nascente pericolo fascista.
Quel pensiero, espresso nell’aula che deve essere, sempre e comunque, il tempio della democrazia e del pacifico confronto di idee, appare ancor più grave in quanto riferito a chi, come i giornalisti, è chiamato ad assolvere un compito, qual è quello di informare correttamente l’opinione pubblica, sancito dalla Costituzione non solo con l’articolo 21, ma anche con la sua “prima pietra”: quell’articolo 1 che affida la sovranità al popolo; sovranità che i cittadini possono esercitare solo se correttamente e liberamente informati dai giornalisti, i primi contro cui si abbatte la scure punitiva dei poteri politici che governano gli stati totalitari.
Tutti noi che abbiamo a cuore i valori della democrazia, dell’antifascismo e della Costituzione ci attendiamo che la deputata Castelli porga, nella stessa aula offesa dalle sue parole, le sue scuse per le sue gravi affermazioni e che, magari, dedichi una parte del prezioso tempo che impiega per assolvere al suo alto ufficio allo studio della storia d’Italia, e in particolare di quel periodo in cui dell’olio di ricino, purtroppo, se ne è fatto largo uso. Sia d’esempio per i giovani come lei, la cui età non giustifica la mancata conoscenza del passato oscuro da cui l’Italia si è liberata a costo del sacrificio della vita di tanti altri giovani, e non solo giovani, per molti dei quali l’olio di ricino non è stato affatto una espressione verbale.
Massimo Marciano
ilfattoquotidiano.itilfattoquotidiano.ithttp://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/04/m5s-bufala-dellolio-di-ricino-ma-scontro-con-stampa-ce/616356/
Cambiano i protagonisti della politica, ma guarda caso a fraintendere sono sempre i giornalisti, come succede da parecchi anni. Se un giornalista scrivesse come questa deputata parla, prenderebbe ogni giorno una querela. Se un parlamentare della Repubblica non sa esprimersi, faccia un altro mestiere. Come dovrebbe fare un giornalista nelle stesse condizioni. Senza contare che parlare a Montecitorio di olio di ricino, in qualunque contesto, a voler essere benevoli è come una bestemmia in chiesa.
A quanto pare, stando alle cronache, la questione delle dichiarazioni in aula della deputata Castelli ha sollevato una reazione stizzita dal movimento di appartenenza della parlamentare. Si è parlato di bufala, di notizia falsa.
La notizia non è falsa. Come ho scritto sopra, nel precedente commento, l’interpretazione che se ne è data a posteriori (quella a cui si riferisce anche l’articolo de “Il fatto quotidiano” in esso linkato), dopo il vespaio che ha sollevato la dichiarazione, è servita a correggere il tiro su affermazioni il cui tenore letterale (non a caso ho riportato nel mio post anche la trascrizione del verbale) è ambiguo in ordine al soggetto di riferimento (basta leggere per capire che non c’è una concordanza grammaticale tra soggetto della proposizione principale e intenzione di fare espressa dal verbo). A voler essere pedanti, grammaticalmente c’è concordanza tra due elementi entrambi maschili plurali: “carabinieri” e “attori”. Letteralmente, quindi, la frase starebbe a significare che la deputata darebbe l’olio di ricino ai carabinieri! E’ un paradosso ed è pedanteria, lo so, ma questi sono i fatti: frase del tutto ambigua e interpretabile.
In ogni caso, al di là del “fare le pulci” alle parole (ma un parlamentare non dovrebbe sempre fare attenzione non solo a quello che dice ma anche a come lo dice?), ciò che è falso è che lo scandalo stia nel tentare di accreditare il pensiero (a giustificazione dell’improvvida e ambigua uscita della deputata, contestata non a caso anche in aula da qualche suo collega) che se la “cura” dell’olio di ricino fosse stata riferita ai giornalisti, sarebbe una cosa grave; legittima, invece, se attribuita a chiunque altro.
Non è il riferimento al soggetto, ma il concetto a essere inaccettabile.
Non è questione di difendere i giornalisti (e infatti il mio post insiste su altri concetti e solo incidentalmente sulla questione dei giornalisti, a parte il titolo, indotto dall’ambiguità delle parole della deputata, così come subito le hanno colte tutti). La questione è l’inaccettabilità di certe espressioni, per di più in quella sede in cui sono state pronunciate, senza soppesare il disprezzo che esprimono e il significato, riferendosi a un periodo sanguinoso della storia del nostro Paese.
A questo proposito, riporto una considerazione di una mia amica e collega che trovo significativa:
«Visto il fascismo mascherato o finto mascherato dei tanti che si credono sempre al di sopra di ogni sospetto e sono sempre pronti a puntare l’indice contro qualcuno e a consigliare cure di olio di ricino, salvo poi sedersi in comode poltrone, accusando gli altri di affamare il popolo, ricordo le parole di Brecht, spero che sia rimasto loro un briciolo di cervello per comprendere la deriva che stanno imboccando: Prima di tutto vennero a prendere gli zingari/e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei/e stetti zitto, perché mi stavano antipatici./Poi vennero a prendere gli omosessuali,/e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi./Poi vennero a prendere i comunisti,/e io non dissi niente, perché non ero comunista./Un giorno vennero a prendere me,/e non c’era rimasto nessuno a protestare».