Sostenere che l’Inpgi possa essere trasferito all’Inps mantenendo inalterato il proprio sistema di prestazioni è un inganno agli iscritti. Probabilmente sarebbe la soluzione perfetta: continuare ad avere un sistema previdenziale autonomo e da Ente privatizzato, con tutte le tutele e le garanzie che abbiamo voluto e mantenuto negli anni, ma a carico del bilancio dello Stato e della generalità dei contribuenti.
Peccato che sia una bella favola e chi la sta raccontando lo sa benissimo. Ma lo fa perché è in malafede.
Primo punto: l’ipotesi è già stata esclusa chiaramente da tutti gli interlocutori istituzionali dell’Ente nel corso dei tavoli tecnici che si sono svolti al ministero del Lavoro. Costerebbe troppo: circa 600 milioni all’anno di prestazioni in parte coperti dai contributi che però, in assenza di interventi di allargamento della platea, sono destinati inesorabilmente a calare.
Lo “sbilancio”, oggi circa 150 milioni, quindi sarebbe interamente a carico dello Stato. A meno di non prevedere un drastico taglio alle prestazioni in essere.
Punto secondo: non esistono precedenti simili. Anche nelle vicende che hanno interessato altri processi di assorbimento nell’ambito dell’Inps di gestioni previdenziali caratterizzate da squilibri finanziari, per esempio il caso Inpdai, sono stati introdotti dei correttivi con pesanti contribuzioni aggiuntive a carico degli iscritti per compensare il gap tra sistemi di calcolo molto differenti.
Punto terzo: una tale ipotesi si porrebbe in aperta antitesi con il principio costituzionale che vieta l’attuazione di disparità di trattamento in situazioni giuridiche analoghe, quali sarebbero – nello specifico – quelle della generalità dei lavoratori iscritti presso le altre gestioni dell’Inps.
In altri termini, mantenere i trattamenti pensionistici attualmente in essere a carico della Gestione sostitutiva dell’Inpgi, calcolati in base ai criteri autodefiniti dalla categoria nell’esercizio della propria autonomia regolamentare, anche qualora detta Gestione fosse di fatto “traslata” all’interno dell’Inps – presso il quale vige, di contro, il principio di tassatività delle regole di calcolo delle prestazioni sulla base di quanto esplicitamente sancito dal legislatore primario – introdurrebbe un elemento asistemico di squilibrio dell’intero impianto previdenziale gestito da detto Ente, che non troverebbe alcuna giustificazione nell’ambito del panorama ordinamentale.
Tutto ciò testimonia come non sia in alcun modo ragionevole attendersi che, nel caso di trasferimento della Gestione sostitutiva Inpgi in una apposita gestione Inps, il sistema di regime previdenziale della costituenda gestione possa mantenere non solo l’attuale regime previdenziale nei confronti degli iscritti attivi, ma anche – e soprattutto, dato il maggiore scostamento rispetto al sistema generale – il livello di trattamenti pensionistici in essere.