I giornalisti freelance e parasubordinati hanno bisogno di provvedimenti seri di sostegno, non certo di slogan, affettuose pacche sulle spalle e infiniti dibattiti online sul migliore dei mondi possibile, fatti senza poi smuovere nulla di concreto, e anzi limitandosi solo a criticare le iniziative che nascono, solo perché a prenderle sono altri. E’ con questo spirito che nel Comitato amministratore della Gestione separata Inpgi abbiamo affrontato in questi tre anni e mezzo di mandato il nostro compito e sempre con questo spirito abbiamo votato all’unanimità, il 15 luglio scorso, la delibera che destina una parte della riserva patrimoniale dell’Inpgi 2 a finanziare, senza oneri per i giornalisti, l’assistenza sanitaria integrativa a favore di freelance e parasubordinati, attraverso un’apposita convenzione che sarà sottoscritta con la Casagit.
Si tratta del primo provvedimento nella storia del giornalismo italiano messo nero su bianco che va concretamente a sostegno delle esigenze quotidiane e del reddito di tante giornaliste e tanti giornalisti che, spesso, hanno solo potuto assistere al rincorrersi – sui social network e in assemblee – di lamentele per la loro situazione negletta e di idee, più o meno calate nella realtà, su come dare loro attenzione e sostegno. Nell’attesa della sua approvazione definitiva prevista per legge da parte dei Ministeri vigilanti sull’Inpgi (Lavoro ed Economia), il provvedimento ha già stimolato, sui social network e nei colloqui diretti che noi amministratori dell’Inpgi 2 abbiamo ogni giorno con i colleghi, interesse, quesiti, aspettative: com’era prevedibile, vista la sua enorme portata innovativa.
Ed era anche prevedibile che l’annuncio di un provvedimento di questa portata destasse la voglia di intervenire, di dubitare, di affollare come al solito i social network di commenti, spesso postati senza avere gli elementi di conoscenza adeguati per fornire a colleghe e colleghi una esatta visione della questione. Spesso la volontà di “fare politica”, di criticare – magari strumentalmente alla vigilia dell’apertura di una campagna elettorale, guarda caso stavolta proprio per il rinnovo delle cariche dell’Inpgi – è più forte della capacità di ragionare al di là degli schieramenti, di abbandonare una volta per tutte l’individualismo e il narcisismo che sono il male peggiore di cui soffre il dibattito sulla propria condizione tra freelance e parasubordinati.
È quindi utile fornire gli elementi corretti di valutazione, affinché colleghe e colleghi possano avere una “bussola” per capire, ognuno seguendo il proprio ragionamento e non il succedersi di post e commenti nel web, come il provvedimento varato dal Comitato amministratore dell’Inpgi 2 potrà portare un miglioramento sostanziale nella loro vita e un sostegno al loro reddito.
Cercherò di essere il più possibile chiaro, ma anche esaustivo. E come al solitoß disponibile a confronti, chiarimenti, suggerimenti attraverso i contatti che possiamo tenere attraverso questo sito e la sua newsletter.
Come nasce l’idea dell’assistenza sanitaria integrativa
Il provvedimento varato dall’Inpgi 2 non nasce oggi, su due piedi, dal cilindro delle idee dell’ultimo minuto. Dal primo momento successivo alla nostra elezione nel Comitato amministratore della Gestione separata, nel 2012, noi consiglieri rappresentanti di freelance e parasubordinati abbiamo iniziato a interrogarci su come poter agire per dare concretezza alle idee su cui ci stavamo confrontando da tempo con colleghe e colleghi di tutta Italia, in tutte le sedi. Il punto nodale era riuscire a trovare le fonti finanziarie per intervenire, nel quadro però degli strumenti legislativi a nostra disposizione, visto che la potestà di riformare le leggi – ovviamente – non è nella nostra disponibilità, ma è una prerogativa del Parlamento.
Una riforma, quella delle leggi attualmente vigenti, che è comunque un obiettivo che non ci sfugge: abbiamo più volte segnalato al governo la necessità di rivedere l’attuale impianto della previdenza, stabilito in base alla legge 335 del 1995 (la cosiddetta “Riforma Dini”, che poi con il Decreto legislativo 103 del 1996 ha fatto nascere l’Inpgi 2) sul sistema contributivo pro rata. Un sistema che assicura l’equilibrio del bilancio dal punto di vista contabile, ma non prestazioni pensionistiche adeguate, perché mancano elementi di solidarietà e redistribuzione delle risorse a favore di chi ne ha più bisogno a causa di una carriera lavorativa precaria e con bassi redditi.
È questa una “lotta politica” che va continuata. Ma nell’attesa che nel Parlamento nasca una sensibilità politica adeguata, non potevamo stare con le mani in mano: dovevamo trovare noi, con le nostre forze, le risorse economiche per dare qualcosa di concreto, da subito, a freelance e parasubordinati.
Da dove vengono le risorse economiche
Dai vari interventi e commenti che si susseguono sui social network emerge con netta evidenza la confusione su quali siano i meccanismi di funzionamento della previdenza, così come delineata dalla legge per l’Inpgi 2: una confusione che non aiuta chi vuole seguire la tematica a conoscere la realtà delle cose. Per capire da dove potranno venire le risorse economiche per finanziare la sanità integrativa per freelance e parasubordinati, quindi, occorre che si sappia, almeno in sintesi, come funziona la previdenza Inpgi 2 e quali siano le principali voci del suo bilancio.
I contributi che annualmente ciascuno versa all’Inpgi 2 vanno a finire in una sorta di “conto corrente personale vincolato” intestato a ognuno di noi. Questo denaro viene registrato in bilancio in entrata ma anche in uscita, in quanto si tratta di soldi “di proprietà” del singolo iscritto, che devono essere accantonati perché saranno la base finanziaria della sua futura pensione. Quindi questi soldi hanno un impatto neutro sul bilancio e non concorrono a determinare il risultato della gestione.
Questi contributi individuali, per legge, devono essere rivalutati ogni anno di una percentuale (una sorta di “interessi” da accreditare sul montante contributivo di ognuno di noi) pari alla media quinquennale del Pil calcolata dall’Istat.
Dove prende l’Inpgi 2 questi soldi per rivalutare il montante di ognuno di noi? Li prende dai rendimenti ottenuti dagli investimenti effettuati, secondo un regolamento apposito vistato dai Ministeri vigilanti e sotto il controllo del Collegio dei sindaci e di una società di revisione, acquistando con i soldi dei contributi strumenti finanziari espressamente elencati dallo Statuto: investimenti immobiliari e mobiliari, composti a loro volta da percentuali massime di componenti obbligazionarie e azionarie stabilite dal regolamento, per diversificare l’investimento e di conseguenza minimizzarne i rischi.
La quota di rendimento in più, rispetto a quanto dovuto per legge per rivalutare i montanti individuali, sempre per legge l’Inpgi 2 è obbligata a conferirla nel fondo di riserva.
Il fondo di riserva
Una buona gestione del patrimonio nei venti anni di vita dell’Inpgi 2 da parte degli amministratori che si sono succeduti nel tempo (non abbiamo la pretesa di considerarci noi, ultimi, i migliori di tutti: è una qualità, la riconoscenza verso il lavoro degli altri, che noi intendiamo esprimere sperando di essere cortesemente ricambiati) ha portato ad avere ottimi rendimenti degli investimenti: sia quelli di cui spesso si legge (a sproposito) sui social network, sia i tantissimi altri operati e di cui nessuno parla mai, che costituiscono il cuore della solidità finanziaria della Gestione separata. I risultati della gestione patrimoniale, di conseguenza, sono stati di molto superiori rispetto alla quota che per legge è stata accreditata annualmente sui montanti contributivi individuali come rivalutazione.
In questi venti anni, quindi, gli extra-rendimenti della gestione patrimoniale sono andati ad accumularsi nel fondo di riserva, che è via via sempre più diventato un “deposito dello zio Paperone” dove si sono accumulati soldi e non ne sono stati spesi.
Quando noi attuali amministratori dell’Inpgi 2 siamo entrati in carica, nel 2012, ci siamo posti l’interrogativo di poter utilizzare questi soldi del “deposito di zio Paperone” in qualche forma di prestazione a favore di freelance e parasubordinati, perché ci è sembrato (com’è ovvio) non efficiente continuare ad accumulare soldi senza spenderne alcuno a favore di una categoria di lavoratori che spesso vive situazioni di difficoltà, se non di forte disagio, e precarietà.
La questione l’abbiamo posta ai Ministeri vigilanti i quali, in un primo momento, hanno escluso questa possibilità in forza di un’argomentazione che hanno ricavato dallo spirito della legge: il fondo di riserva è destinato a raccogliere le risorse che potrebbero essere necessarie in futuro qualora i rendimenti degli investimenti patrimoniali dovessero essere inferiori alla percentuale di rivalutazione dovuta per legge sui montanti contributivi individuali.
Nell’approfondimento dell’interlocuzione con i Ministeri, in virtù della nostre argomentazioni ci è stato aperto successivamente uno spiraglio. Ci è stato detto che un prelievo dal fondo di riserva, da destinare a prestazioni per gli iscritti, sarebbe stato possibile a ben determinate condizioni: impegno di spesa chiaramente quantificabile e sostenibile nel tempo dal punto di vista dell’analisi attuariale, prestazioni che non possano dare adito a variabilità impreviste dell’entità della spesa e platea dei beneficiari nettamente prevista.
Con l’approvazione del bilancio consuntivo 2014, abbiamo ritenuto di poter avere l’evidenza, confermata da analisi attuariali, di soddisfare le esigenze prospettate dai Ministeri vigilanti attraverso un ben quantificato prelievo dal fondo di riserva, da utilizzare per prestazioni a favore degli iscritti all’Inpgi 2.
Perché sanità integrativa, perché Casagit
Avendo la necessità, per rispondere alle indicazioni ministeriali, di decidere una spesa che non fosse soggetta a imprevedibili variazioni e fosse legata a parametri oggettivi, la nostra attenzione si è rivolta alla realtà, talvolta con risvolti drammatici, di quanti oggi rinunciano ad un accertamento diagnostico, a una cura o a un semplice controllo di routine per non privare la propria famiglia di una parte delle proprie risorse economiche. E abbiamo pensato alle tante colleghe e ai tanti colleghi parasubordinati e freelance che abbiamo incontrato in questi anni e che ci hanno detto che, anche con i nuovi profili economicamente più convenienti, non si erano iscritti alla Casagit per non dover sopportare una spesa ulteriore.
Nel panorama delle assicurazioni sanitarie private, la Casagit rappresenta per i giornalisti uno strumento di salvaguardia che offre la possibilità di accedere a prestazioni sanitarie di alto livello a costi che non sono lontanamente paragonabili a quanto occorrerebbe spendere sul mercato assicurativo per avere le stesse prestazioni. Senza considerare che le assicurazioni private coprono le prestazioni sanitarie solo in presenza di stati patologici in atto, mentre la Casagit prescinde da questo requisito.
E i molti freelance e parasubordinati che non hanno la possibilità di pagarsi di tasca propria la Casagit, neanche attraverso qualcuno dei profili meno costosi, non sono certo giornalisti di serie B rispetto a quelli che hanno la possibilità di avere questa copertura o perché prevista dal loro contratto di lavoro subordinato o perché hanno la disponibilità economica per pagarsela: la Casagit deve essere uno strumento di tutte le giornaliste e tutti i giornalisti, indipendentemente da come svolgono la loro professione e dalla loro capacità economica.
C’è anche da considerare che la sanità pubblica è gestita su base regionale. Vi sono quindi zone del nostro Paese che assicurano livelli di assistenza sanitaria alti e altre dove la sanità pubblica soffre molto. La Casagit per tutti, in qualunque regione risiedano, è quindi anche uno strumento di giustizia sociale.
Una visione della categoria, quella descritta sopra, che i colleghi amministratori della Casagit hanno condiviso, aprendo un dialogo con l’Inpgi 2 per l’allargamento della platea dei giornalisti che potranno usufruire della sanità integrativa della categoria.
Per avere una platea chiaramente identificabile e poter assicurare adeguate prestazioni a chi ne ha bisogno, abbiamo deciso di identificare come soggetti destinatari delle prestazioni Casagit gli iscritti all’Inpgi 2, in regola con i contributi, che avessero un reddito annuo medio, nell’ultimo triennio, fra i tre e i 25mila euro. Il riferimento al triennio è dovuto al fatto che i redditi vengono accertati e dichiarati a metà anno: quindi è necessario uno strumento, come appunto l’analisi triennale, che eviti l’eventualità che, sulla base di una valutazione limitata all’anno precedente, nel semestre iniziale dell’anno successivo, in cui ancora non si conosce il reddito dell’anno precedente, a causa di variazioni del reddito, possano essere esclusi dal beneficio coloro che ne avrebbero diritto o inclusi coloro che fossero usciti dai parametri.
Sono stati individuati questi limiti di reddito perché è lecito ipotizzare che chi guadagna abbastanza per pagarsi la Casagit, anche con i nuovi profili, possa farlo senza sottrarre risorse agli altri, così come chi lavora saltuariamente come giornalista, svolgendo come attività lavorativa principale un’altra, e quindi dichiara all’Inpgi 2 un reddito estremamente basso.
Sono stati esclusi pure coloro che risultano iscritti, oltre che all’Inpgi 2, anche alla Gestione principale dei lavoratori subordinati, a meno che non vi abbiano accumulato meno di 12 contributi mensili nell’ultimo quinquennio: una norma che serve a salvaguardare quei freelance che, saltuariamente, possono ottenere contratti di breve durata (come sostituzioni per ferie e maternità).
Quale offerta di prestazioni sanitarie
Anche su quali prestazioni Casagit offrire agli iscritti Inpgi 2, alcuni commenti letti sui social network hanno aperto un dibattito, nonostante che sia il comunicato ufficiale dell’Inpgi, sia il precedente articolo che abbiamo pubblicato su questo sito al riguardo abbiamo già chiarito due cose: si tratterà di un profilo assicurativo apposito e verrà definito, una volta approvata la delibera dell’Inpgi 2 da parte dei Ministeri vigilanti, da una specifica convenzione da sottoscriversi tra Inpgi e Casagit.
Ci sarà, quindi, una sorta di “profilo Inpgi 2”, appositamente disegnato per avere prestazioni adeguate a fronte di un costo sostenuto integralmente dall’Inpgi 2 per l’intero “pacchetto” degli aventi diritto, anche se la manifestazione di adesione dovrà essere espressa da ogni singolo giornalista interessato dal provvedimento, che per tempo verrà adeguatamente informato dell’opportunità e dei termini per l’adesione. Anche per questo, avere “in casa dei giornalisti” un’assicurazione sanitaria potrà essere conveniente: a fronte di una platea di nuovi iscritti ipotizzabile in più di seimila colleghe e colleghi, la Casagit potrà definire un pacchetto di prestazioni del “profilo Inpgi 2” più convenienti di quelle ipotizzabili per un singolo a fronte dell’impegno di spesa individuale previsto, che è di 500 euro. Con, inoltre, la possibilità di avere un “bonus” di pari importo per chi avesse già deciso o volesse decidere di aderire ad un profilo più costoso della Casagit rispetto al nuovo “profilo Inpgi 2”.
Sono certamente ipotizzabili le prestazioni essenziali a cui, ad integrazione di quanto offerto dalla sanità pubblica, chi non ha attualmente la copertura della Casagit spesso rinuncia o non ha diritto. Se penso a queste possibili prestazioni, mi vengono in mente coperture per accertamenti clinici, diagnostici e visite specialistiche, rimborsi per giorni di ricovero con conseguente impossibilità di lavorare, coperture per le giornaliste che devono affrontare gli accertamenti sanitari conseguenti alla maternità, cure dentistiche, occhiali da vista, assistenza nelle situazioni di emergenza, tanto per fare degli esempi. Con possibilità di estendere le coperture anche ai familiari.
Certamente ognuno di noi potrebbe ipotizzare contenuti e prestazioni che riterrebbe necessari nella convenzione che verrà sottoscritta da Inpgi e Casagit. Questo è un dibattito che mi interesserebbe seguire; non le voci basate sul nulla che spesso, e anche in questa occasione, abbiamo avuto modo di leggere sul web.
Contratto, Casagit e co.co.co.
C’è un altro elemento di confusione che si registra in alcuni interventi che si sono letti sui social network dopo l’approvazione del provvedimento di copertura sanitaria da parte dell’Inpgi 2. In questi commenti si fa riferimento all’accordo contrattuale sottoscritto da Fnsi e Fieg lo scorso anno per assicurare ai co.co.co. coperture sanitarie e inclusione nella Gestione principale Inpgi.
Si tratta, in verità, di un accordo con il quale le parti concordano un’azione comune per ottenere il riconoscimento dell’equivalenza, da punto di vista previdenziale, del lavoro subordinato e di quello parasubordinato. Ma per questo occorre che il Parlamento approvi una legge apposita, che valga per tutti i lavoratori. Non solo per i giornalisti.
Nell’attesa che il Parlamento, sollecitato dall’azione congiunta delle parti sociali, approvi delle riforme così importanti, potevamo – come detto all’inizio – stare con le mani in mano, sapendo di avere a disposizione quello che prima ho definito il “deposito di zio Paperone?”. E potevamo permettere che una copertura sanitaria fosse prevista solo per i parasubordinati, lasciando scoperti i freelance? No, non potevamo.
Com’è stato possibile questo risultato
Questo risultato è stato possibile solo grazie ad alcuni importanti elementi.
Il primo è la solidità finanziaria della Gestione separata Inpgi. Un requisito che ci è stato chiesto dai Ministeri vigilanti, ai quali spetta ora l’approvazione definitiva della delibera, come condizione necessaria per utilizzare a sostegno del welfare degli iscritti una parte dei rendimenti della gestione patrimoniale. Questo risultato è stato possibile grazie al lavoro attento e competente degli amministratori dell’Inpgi 2, che ha permesso in vent’anni di accumulare le risorse necessarie.
Il secondo importante elemento è l’impegno del sindacato dei giornalisti a sostegno dell’interlocuzione con i Ministeri vigilanti. Impegno testimoniato anche il giorno dell’approvazione della delibera sulla copertura Casagit, in Comitato amministratore Inpgi 2, grazie alla presenza alla nostra riunione del segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso: una presenza non dovuta, ma fortemente sentita e simbolica, per un lavoro che prescinda dalla demagogia e dalla mancanza di atti concreti di cui spesso vediamo spargere esempi nel web, anche da parte di autorevoli colleghi. Un lavoro rivolto a trovare, con una forte interlocuzione con il mondo dei datori di lavoro e con la politica, risorse finanziarie e strumenti normativi per welfare e stabilizzazione dei rapporti di lavoro: le chiavi di cui abbiamo bisogno per rispondere alle esigenze poste dall’attività dei giornalisti non dipendenti.
Il terzo elemento, ma non ultimo, e anzi sicuramente di valore sostanziale, è stato il lavoro compiuto all’Inpgi da Andrea Camporese in questi otto anni di sua presidenza. Una dedizione, la sua, che ha dovuto affrontare il periodo più pesante e più difficile della intera storia del lavoro giornalistico in Italia. Lo ha fatto con competenza, assicurando nonostante la contingenza un’ottima amministrazione del patrimonio delle Gestioni dell’Inpgi, e con un’autorevolezza che gli è stata riconosciuta ovunque. Senza questa autorevolezza, non ci sarebbe stata la disponibilità dei Minisieri vigilanti a cambiare il loro iniziale orientamento, contrario all’utilizzo delle risorse del fondo di riserva dell’Inpgi 2.
La decisione del Comitato amministratore, una volta approvata dai Ministeri vigilanti, sarà un sostegno molto importante per la vita ma anche per il reddito di migliaia di colleghe e colleghi oggi non garantiti, in un percorso di ampliamento delle tutele che auspichiamo continui, con sempre nuove idee. E, anche in questo caso, è questo un dibattito che mi interesserebbe seguire con colleghe e colleghi freelance e parasubordinati, non il rumore di fondo dei commenti sparsi sul web.
Massimo Marciano
Consigliere d’amministrazione dell’Inpgi e membro del Comitato amministratore della Gestione separata